lunedì 8 settembre 2014

leggendo THOMAS MANN

Certo ai seri e severi lettori potrà apparire ridicolo un tale che scopre Thomas Mann ormai alle soglie degli 80, tanto più che non è merito o curiosità mia, ma semplicemente una cara amica decisamente più giovane di me ha accumulato negli anni pareti e scaffali pieni di libri e così sto saccheggiando qua e là tutto quello che in quel momento è a portata di occhi e di mano.
In qualche modo sono stato un lettore, a cominciare dagli anni piccoli guidato da mia madre che reimparava con me partendo da Il Corrierino dei Piccoli. Era il 1940, io mi avvicinavo ai 5 anni e mia madre ai 28, così assieme imparavamo a compitare e persino a scriverle, quelle parole abbinate alle immagini. Ma la lettura vera arrivò più tardi, alla fine del 1945 in collegio, durante il riposino obbligatorio del pomeriggio, combattendo con Tremal Naik, Sandokan, le Tigri, i Pirati, sfruttando i raggi di luce che penetravano dalle fessure degli scuri segnati dal tempo. Erano avventure molto impegnative e continuavano nei sogni dove finalmente anch'io ero uno dei protagonisti. E poi c'era un libro che parlava della Maremma, con le sue piante, i boschi selvaggi, le paludi, gli animali. Un libro che ho cercato di ritrovare ma non ricordo né titolo né autore, solo un ragazzo circa della mia età che andava alla scoperta di questo suo mondo affascinante dove piante e animali erano carne viva della vita, protagonisti non solo comparse o fondali più o meno amici o nemici e molto spesso banali servi. Mondo che molti anni dopomho cercato di riconoscere scendendo dalla Liguria al Lazio lungo la costa tirrenica.
Poi il Seminario dagli 11 ai 14 anni, letture più storiche che religiose, anche se c'erano spesso i cattivi massoni che fingevano la COMUNIONE per poi portarsi a casa l'ostia consacrata e tutti assieme colpire con i pugnali quel povero dischetto di farina azima in spregio di noi creduloni. Poi cambiò vescovo, arrivò una squadra nuova e si leggeva di tutto. In alcuni libri c'eran pure dei personaggi femminili! Ma ormai ero a Trieste, del parentado allargato il primo che andava a un liceo, sia pure scientifico e per quel che so l'unico del mio giro generazionale e temo anche su quello del turno dei miei figli, a parte loro ovviamente. E al Liceo Oberdan di Trieste fui fortunato, trovai un prof che mi insegnò a leggere e a vivere la biblioteca civica triestina nelle sue molteplici funzioni e inevitabilmente fu la parte storica più che letteraria e dalla cosiddetta rivoluzione americana in poi. E poi la curiosità della storia italiana del primo novecento, il clima culturale che portò al fascismo che allora mi affascinava, cos'erano e chi erano sti comunisti, Gramsci, Togliatti e anche l'Angelo Tasca così poi dimenticato. E poi chi erano gli USA e i loro scrittori e mi innamorai del Nobel Sinclair Lewis e dei suoi personaggi quasi fossero dei simboli e delle iconografie realistiche e devo ammettere che degli italiani ben poco ho letto (delle ultime  generazioni) anche per la loro lingua che mi è sempre parsa così lontana dal parlato reale trovandomi più a mio agio con l'italiano dei traduttori di autori non italiani, preferendo sempre quelli americani forse anche sotto l'influsso della cinematografia e del fascino indotto dalla loro centralità politica. E poi facevano da contraltare ai russi, quei russi così veri, così europei e, soprattutto, così poco italioti.

E arrivo finalmente a Thomas Mann, incontrato come dicevo per caso nella miniera di una mia cara amica e ai suoi BUDDENBROOK e sono rimasto affascinato da questa borghesia mercantile e che pure avvertiva del nuovo che avanzava. Certo che raffrontarla con l'Italia di allora vengono i brividi (siamo attorno alla metà del 1800, dopo la monarchia di luglio, in piena apparente restaurazione), eppure anche loro non avvertono quel che pure in Inghilterra e anche nelle Francia di Luigi Filippo si stava preparando

Ideali pratici... Non non è roba che fa per me! Adesso spuntano gli istituti professionali e tecnici e le scuole commerciali, mentre il ginnasio e l'istruzione classica diventano improvvisamente sciocchezze e non si pensa ad altro che a miniere...a industrie...e a far quattrini...Bene, bravi! Tutte belle cose. Ma a lungo andare diventano un po' stupide...no? Non so perché io senta queste cose come un affronto ...

Che buffo, proprio attorno a quegli anni a Bologna il Comune creò le "scuole tecniche comunali" (1844) con la cattedra di meccanica e poi di chimica su sollecitazione dei setaioli e tanti anni dopo (1966) ebbi l'onore di cominciare ad insegnarvi anch'io ed è stata una esperienza molto gratificante anche per il confronto e il rapporto con realtà produttive in continua evoluzione (almeno da quelle parti lì, di indiscutibile prestigio internazionale e non solo economico).

Ma a parte gli incisi e le nostalgie personali c'è altro di attuale e interessante, il cambio generazionale inevitabile specie quando a deciderlo è la morte e così il "console" può diventare "senatore" con volontà innovative e nuove che la realtà, le traversie parentali frustreranno e così l'arrivo alla carica di borgomastro, ultima carica suprema, diverrà impossibile. In fondo è la rappresentazione della nuova realtà, dove i diritti della nascita e del ruolo sociale non sono eterni, almeno in molte parti del mondo.

Poi mi vengono i dubbi a guardare e leggere intorno a noi, almeno in Italia, le persone inevitabilmente non sono eterne quel che però è eterno è il peso delle tante corporazioni

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