sabato 24 settembre 2016

DIVERSAMENTE ABILI? non so come definire...

La difficoltà parte da subito dal nome poi leggi e capisci che un termine che ci comprenda tutti è veramente impossibile e molte forme di disabilità più o meno accentuate con l'avanzare dell'età e degli acciacchi colpiscono molti. E allora? Allora parliamo del rapporto fra le difficoltà del singolo e l'atteggiamento mediamente diffuso e metto in causa anche il Benito quindicenne che allora abitava da poco di nuovo in famiglia, a Trieste, mentre dalla quarta elementare alla fine della quinta ero vissuto in un collegio che raccoglieva quei ragazzi fra gli 8 e i 22 anni che in qualche modo assomigliavano ai detriti che cavalcano le onde dopo una violenta mareggiata.
 
La mareggiata per una parte non piccola di certe regioni del centro-nord era stata la fase finale della guerra 1940/45, fase finale che si usa definire "civile" solo perché coinvolge anche chi una divisa formale non ha, mentre per molti altri aspetti è ben peggiore della guerra degli eserciti. Finite le elementari poi avevo deciso di farmi prete (i miei erano emigrati da Ravenna a Trieste in modo che mio padre trovasse occasioni di lavoro, perché più di 40 anni prima mio nonno AUGUSTO (bel nome per un giovane anarchico di buona famiglia) era scappato da Imola a Trieste e là aveva messo su famiglia e figli e a Trieste c'erano i due fratelli più giovani.
 
Evidentemente la "vocazione" aveva dei limiti, limiti che mal sopportavano ad esempio le incongruenze della disciplina imposta spesso senza giustizia (o così sembravano a quei 32 chili di preadolescente di poco più di 13 anni) e quindi anch' io finii a Trieste.
 
E fu appunto un giorno del secondo anno dello scientifico Oberdan che scendevo dal tram in Largo Barriera e buttavo a terra il biglietto, biglietto (era il 1952, maggio) che fu raccolto da un turista tedesco con moglie e messo nel cestino. Gesto che non dimenticai mai più e che ha riempito spesso le mie tasche e gesto che mi fece capire che il mondo era ANCHE degli altri, non solo mio, ed è questo il vero discrimine fra molti noi italici e il resto del mondo e in quel resto del mondo ci sono appunto i "diversamente abili", compresi quegli uomini e quelle donne che anche per età non hanno più l'abilità necessaria a muoversi con disinvoltura in un insieme di persone arrogantemente (per inconsapevolezza e abitudine) vivi.
 
La prima volta che capitai ad Amsterdam, molti anni dopo, ero meravigliato nel vedere una mamma con un piccolo nel cestino della bicicletta e la sorellina non tanto più grande che pedalava in colonna con la mamma come se non fossero nel traffico (ma il traffico c'era). O ricordo una scena a Fiume (arrivavo da Spalato u po' tanti km più a sud) fermo in prima fila al semaforo rosso  e poi arriva il verde, io parto e dopo qualche minuto nello specchietto vedo un muro di auto parecchie decine di metri dietro di me rispettosamente nei limiti che vergognosamente, con il senno di poi, io avevo ignorato!
 
E allora come si diventa come in altre nazioni? Amando se stessi, sapendo che non siamo isolati, che se pensiamo a noi stessi dobbiamo pensare agli altri, perché anche noi siamo "altri". E allora se parliamo di altri allora smettiamo di bruciare i semafori, parcheggiare in seconda e forse terza fila, a far salotto sui marciapiedi, a muoverci uscendo da scuola come se fossimo un' orda barbarica. Tanto più che i "barbari", quelli delle "orde", hanno imparato che è la comunità che conta anche grazie a un cristianesimo meno individuale e, soprattutto, che siamo tanti e i cimiteri sono pieni ...
 
PS: naturalmente qualcuno ci deve INSEGNARE e l'unico sistema è alzare notevolmente la probabilità di venire puniti e non occorrono multe pesanti (e rare), sono molto meglio pizzicotti frequenti ma molto probabili. Ricordo un giorno, abitavo in un comune fuori Bologna e insegnavo in città, quel giorno mancava una classe in gita così uscii in macchina attorno alle 10 e con il mio potentissimo e scassatissimo 1100 mi mossi lungo la via Emilia liberamente nei centri abitati come se fossi nelle code della mattina e su 16 km incocciai in tre pattuglie (quelle in moto di una volta), non c'erano ancora i punti ma i soldi da pagare sì.
 
MI HANNO CONVINTO anche per gli altri giorni. 

Nessun commento:

Posta un commento